Fiat vicino al controllo di Chrysler
L’annuncio è stato dato dall’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, che ha così commentato: «Si tratta di un passo fondamentale verso il completamento di quel grande disegno di integrazione tra Fiat e Chrysler, iniziato meno di due anni fa, che porterà alla creazione di una casa automobilistica globale. Abbiamo scelto di stringere i tempi il più possibile, per accelerare la nascita di un gruppo unico che possa trarre benefici dallo sviluppo congiunto delle rispettive attività internazionali».
«Chrysler - ha detto Marchionne - sta seguendo uno straordinario cammino di ripresa, a livello industriale ed economico, e la Fiat è pronta ad assumerne il controllo, per rendere il legame ancora più stabile e più forte, nell'interesse di entrambe. Abbiamo scelto di stringere i tempi il più possibile per accelerare la nascita di un gruppo unico, che possa trarre pieni benefici dallo sviluppo congiunto delle rispettive attività internazionali».
E’ anche intervenuto il presidente del gruppo di Torino John Elkann che ha aggiunto: «L'operazione segna una tappa storica per Fiat e Chrysler. La Fiat darà vita a un gruppo automobilistico più forte con una gamma completa di prodotti, presente su tutti i mercati del mondo e capace di competere con chiunque».
Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha salutato positivamente l’operazione e il sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha commentato: «Penso che possa essere una bella notizia. E' ovvio che così aumenta la forza attrattiva degli Stati Uniti, dunque deve aumentare anche la responsabilità, non solo di Torino, ma di tutta l'Italia per fare altrettanto. La Fiat assicura che gli investimenti su Pomigliano vanno avanti. Lo stesso dicono di Mirafiori. L'accordo sulla fabbrica torinese è molto recente, mi pare che la scadenza sia nel 2012, diamo tempo al tempo. Il problema vero è tirare fuori modelli competitivi per l'Italia».
Un commento positivo è giunto anche dal segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni: «È una buona notizia l'accelerazione di Fiat alla conquista di Chrysler perché nel mercato dell'auto non c'è spazio per piccole imprese. Fiat senza Chrysler non esisterebbe più, mostrava la corda da diversi anni e con l'alleanza ha ripreso quota. È sbagliato porsi nell'ottica si allea e si sposta. La realtà è che si allea e vive». Dello stesso tono è quanto afferma Rocco Palombella della Uilm: «E' l'ennesimo segnale del rafforzamento di Fiat sui mercati internazionali e non di uno spostamento del baricentro verso gli Stati Uniti. Per poter competere ha bisogno di produrre almeno 6 milioni di auto, oggi ne produce solo 2 milioni, in Italia 600-700 mila, e con il progetto Fabbrica Italia deve arrivare a produrne 1,4 milioni. Il fatto che Fiat faccia alleanze e arrivi a controllare un gruppo industriale come Chrysler è ciò che fanno tutti i grandi gruppi automobilistici. Se continuiamo a sbilanciare la produzione all'estero, se continuiamo a porre problemi per gli stabilimenti italiani è inevitabile che un'azienda sposti la sede legale dove c'è il cuore della produzione. Ma se in Italia produrremo 1,4 milioni di auto, Fiat avrà anche qui la sua sede legale».
Critica, invece, la posizione del leader della Cgil Susanna Camusso: «Abbiamo visto nel giro di pochi giorni due affermazioni diverse: la prima che rinviava i tempi, la seconda nella giornata di ieri una rapida salita del capitale Fiat dentro Chrysler. Rimane la domanda che facciamo da tempo: è un'azienda americana o un'azienda globale?». Ancora più duro è Maurizio Landini segretario della Fiom: «Se le cose in cui noi eravamo bravi, la progettazione e le tecnologie, vengono trapiantate a Detroit quelle italiane diventano fabbriche di montaggio di progetti partoriti altrove e l'Italia stessa diventa una succursale che può essere sostituita o alternata con le altre: la Serbia o la Polonia. Il gruppo si è diviso in due. La famiglia Agnelli vede evaporare la sua quota di controllo. Il grande azionista della Chrysler è Obama, che ha prestato i soldi a Marchionne per rimetterla in piedi. L'Italia diventa periferia dell'impero. A parte il far west, e malgrado le amnesie del governo, anche in questo Paese esistono regole e impegni , come il piano da 20 miliardi di euro del progetto Fabbrica Italia. Per ora ne abbiamo visto solo il 10 per cento. Gli altri dove sono finiti?».